top of page

TESTIMONIANZE

Tutto ebbe inizio un’estate di qualche anno fa, quando il nostro parroco propose ad alcuni ragazzi della parrocchia di trascorrere una decina di giorni a Casa Speranza, a Campina in Romania. Tra questi ragazzi c’era anche mio figlio e da allora tutte le estati lui e i suoi amici tornano alcune settimane a Casa Speranza.

Al loro ritorno sono pieni di entusiasmo e di nostalgia e con i loro racconti fanno rivivere le giornate passate con i bimbi e le esperienze che più li hanno colpiti.

Così è nato dentro di me il desiderio di andare a Campina, di conoscere Suor Marisa, le sue consorelle e soprattutto i bambini. Finalmente ad aprile 2011 il mio desiderio si è potuto esaudire e assieme a due amiche sono partita verso la Romania.

Arrivata a Casa Speranza sono stata colpita dalla calda accoglienza da parte delle suore, del personale e dei bambini. Mi sono resa subito conto di non trovarmi in un istituto ma in una vera e propria casa, qui i bambini vengono accuditi, educati ed amati come figli.

Sono tutti bambini con un passato pesante alle spalle e nonostante la loro giovane età hanno già vissuto esperienze terribili quali l’abbandono da parte della madre, i maltrattamenti subiti in famiglia o la fame.

A Casa Speranza non trovano però solo un tetto sicuro, dei pasti caldi e le cure da parte di persone adulte ma ritrovano soprattutto la dignità di esseri umani. A questi bambini viene assicurata un’istruzione scolastica, viene insegnato il rispetto per gli altri, viene insegnata l’autodisciplina e viene ridata loro la fiducia in loro stessi in modo che abbiano gli strumenti, una volta adulti, per potersi realizzare il più serenamente possibile.

Tutto questo richiede un grande sforzo da parte delle suore e del personale e con più di 50 bambini non è sempre facile, non c’è il tempo per curare il rapporto personale con ognuno di loro, infatti ciò che manca di più a questi bimbi è la dimensione familiare, il rapporto diretto con un papà e una mamma, l’affetto esclusivo che possono avere i genitori verso un figlio, il contatto fisico fatto di carezze e abbracci. Questo è ciò che chiedono alle persone che arrivano a casa loro, di essere ascoltati, di giocare con loro, di essere abbracciati e tenuti per mano, di sentirsi “speciali” agli occhi di un adulto. È quello che abbiamo cercato di fare nei giorni che abbiamo trascorso a Casa Speranza e che cerchiamo di fare ogni volta che torniamo, perché gli occhi di questi bambini ci sono entrati nel cuore e non possiamo fare a meno, appena tornate, di pensare al prossimo viaggio a Campina!

 

                                 Enrica

 

bottom of page